Le signore del caviale
LE SIGNORE del caviale ferrarese, anzi del ‘caviaro’. I segreti degli storioni del Po. Nella pace più profonda della campagna ferrarese, a Runco, una donna dai modi gentili è l’unica al mondo, pare, a portare avanti una preziosa e antica tradizione, quella del caviale cotto. La ricetta è un capolavoro, letterario innanzitutto; raccolta nel libro di Cristoforo da Messisbugo Banchetti, composizioni di vivande e apparecchio generale, stampato nel 1549.
A seguirla ancora oggi, nell’agriturismo che gestisce Agriturismo Guest House Le Occare , è Cristina Maresi. Come ce l’abbia fatta è quasi un miracolo. Fin dal primo Novecento, a Ferrara, la persona al corrente dei segreti per cucinare il caviale era Nuta Ascoli, proprietaria di un’indimenticata gastronomia ebraica in via Mazzini. Scomparsa lei, e morto poco dopo il garzone cui aveva ceduto l’attività, si fa depositaria di quei piatti esclusivi la moglie di quest’ultimo, Matilde Bianconi. Con un complice curioso: «Il notaio Enrico Brighenti, per passione accademico della cucina italiana — racconta la Maresi —, a portare le uova da cui fare il caviale che poi spartivano a metà. Il notaio, però, aveva in casa una cuoca straordinaria, Giuseppina Bottoni».
La storia diventa cronaca: Giuseppina, che oggi ha 79 anni, è l’amata maestra di cucina di Cristina Maresi: «La ricetta era segretissima — continua Cristina con appetitoso trasporto —, ma Giuseppina mangiava da sempre quel caviale. Ci mise un po’, eppure nel 1969 arrivò finalmente a cucinarlo». Intanto, però, complici l’inquinamento, i voraci pesci siluro, e improvvide dighe innalzate dall’uomo, lo storione smetteva di frequentare il Po, e Giuseppina rinunciava a quel caviale. Correva l’anno 1987. Il notaio, nel frattempo, era morto, la storica bottega della Nuta chiusa definitivamente. Ma lo storione riesce a risalire la corrente:«Dopo tante lezioni in cucina — svela Cristina —, Giuseppina mi disse che dovevo riprovarci io. Non era facile nemmeno cercando in allevamento: serviva uno storione femmina e con le uova. Iniziai a chiedere a chiunque s’interessasse di pesca. Per anni e anni invano, finché un giorno, incredula, ricevetti una telefonata‘Le uova sono pronte, giuste per fare il caviale’. Grazie a un tenace allevatore trevigiano, nel novembre 2009 tornava in tavola il ‘caviaro’, come Messisbugo voleva. ‘Ponerai le uova nel forno che sia onestamente caldo per spazio di due pater nostri’. Così è scritto, e così è stato fatto. Amen.
(IlRestodelCarlino - Luigi Pansini - Ferrara, 30 novembre 2013)